Il polo Headquarters Marfisi Carni, negli ultimi anni, è stato oggetto di una riqualificazione importante che ha investito diversi edifici collocati su un fronte urbano di periferia che da sempre rappresenta una street a vocazione commerciale e industriale di connessione tra il Comune di Treglio e quello di Lanciano (Ch).

Questo progetto è stato selezionato ed esposto al Festival dell’Architettura Nazionale del 2014 che si è tenuto a Bari all’interno del dibattito internazionale sullearee di frangia urbana, quelle aree in cui a dissolvenza si incrociano (cross) i margini della città con i primi segni del paesaggio”. Luoghi spesso senza autori, dove si dovrebbero consumare le sperimentazioni contemporanee, indagando gli impatti di queste con le prime forme di paesaggio, con il quale la città contemporanea ambisce a stringere un patto: il “patto città-campagna”.

La percorrenza , sia lenta che veloce, diventa presupposto per armonizzare questa doppia percezione che si ha osservando l’edificio dalle diverse infrastrutture che caratterizzano il contesto (crossing architecture).

I preesistenti corpi di fabbrica, fatti di superfetazioni affastellate, generavano disordine visivo e disarmonia pertanto si è pensato di plasmare un unico grande edificio che riuscisse a trattenere la totalità degli aspetti complessi.

Attraverso questo intervento si realizza una riqualificazione di volumi preesistenti ricuciti attraverso “l’imballaggio” dei prospetti all’interno di un nuovo paramento che mette a sistema l’intero isolato industriale deframmentato.

La trasformazione architettonica è avvenuta attraverso un processo graduale di adattamento degli spazi ancora oggi in via di completamento e riconversione per permettere la continuità dell’attività aziendale.

La conservazione e l’unione dei diversi involucri (prima sede Marfisi, ex casa del custode, ex scatolificio) ha pertanto creato la complessità dello spazio rigenerato avendo come presupposto l’impiego delle minime risorse soprattutto come approccio etico al consumo delle materie prime.

Lo spazio si percepisce complesso e unico contemporaneamente.

L’utente passa da un volume all’altro attraversando un patio interno che trattiene in se uno spazio pubblico e privato di accoglienza periurbana.

La luce diventa materia architettonica che caratterizza il paramento traforato che racconta il volo delle foglie autunnali sulla facciata. La stagionalità del paesaggio reso architettonicamente attraverso la luce e le ombre si interseca alle essenze autoctone del paesaggio rustico abruzzese poste all’interno delle asole di biodiversità.

Photo credits | Fabio Di Carlo

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